Menu principale:
Pastorizia in Sardegna
La pastorizia e` una delle forme piu` antiche di allevamento. E` praticata in Sardegna con la maggior parte delle specie animali domestiche da reddito: principalmente ovini, caprini, bovini,ma anche suini ed equini.
Si contraddistingue per la caratteristica simbiosi che si instaura tra gli animali e il pastore, che si occupa di loro a tempo pieno, non limitandosi a condurli al pascolo ma fornendo protezione dai predatori (anche con il tradizionale ausilio dei cani), cure sanitarie, assistenza durante il parto. Un altro aspetto particolarmente interessante di questo tipo di allevamento e` che la persona che si occupa degli animali e` generalmente la stessa che provvede alla trasformazione dei prodotti, dalla tosatura della lana alla produzione del formaggio.
ALLEVAMENTO OVINO
Secondoi dati statistici in Sardegna vengono allevati circa tre milioni di ovini, appartenenti tutti alla razza sarda: il patrimonio ovino sardo rappresenta quindi il 32% circa del patrimonio ovino nazionale.
L’allevamento della pecora e` diffuso in tutta l’isola, ma particolarmente nelle province di Sassari e di Nuoro, dove si allevano rispettivamente il 40% circa e il 35% circa dei capi, mentre il rimanente 25% circa viene allevato in provincia di Cagliari. Il valore delle produzioni ottenute e` pari al 35% circa del valore totale della produzione zootecnica isolana. L’allevamento ovino, nel quale trovano impiego oltre 27 000 addetti, rappresenta quindiun’attivita` di grande rilievo nell’economia agricola sarda. La pecora sarda e` una razza a prevalente attitudine lattifera, la cui area di allevamento, un tempo limitata alla Sardegna, si va ora estendendo ad altre regioni d’Italia (Lazio, Toscana, Umbria ecc.). Si tratta di una razza autoctona, probabilmente derivata dal grande ceppo siriaco dal quale provengono molte altre razze del bacino del Mediterraneo. Tradizionalmente, con riferimento al carattere piu` evidente, venivano distinti all’interno della razza sarda tre differenti tipi o sottorazze di piccola, media e grossa taglia. Attualmente questa distinzione ha perso molto del suo valore, in quanto gli scambi di riproduttori sono frequenti e si assiste sempre di piu` a una evoluzione che porta all’affermazione in tutta l’isola della ‘‘pecora di taglia media’’, che puo` essere ormai considerata la vera pecora sarda e che rappresenta piu` dell’80% del totale del patrimonio ovino. La pecora di grossa taglia e` oggi presente principalmente nelle zone di pianura attorno a Cagliari, mentre quella di piccola taglia e` diffusa nelle zone di montagna e negli ambienti piu` difficili.
PRODUZIONE
La produzione principale della pecora sarda e` costituita dal latte. Nel periodo di mungitura, che dura circa sei mesi, una pecora produce in media da 80 l a 100 l di latte; non mancano tuttavia greggi con produzionimedie per capo di 140/150 l. La produzione della carne, costituita dall’agnello da latte, che viene macellato a un peso vivo di 8/10 kg, rappresenta circa il 22% del prodotto dell’allevamento.
La produzione della lana ha un’importanza economica del tutto marginale (circa il 2% del prodotto totale).
Il sistema di allevamento piu` diffuso e` quello brado e semibrado, basato sullo sfruttamento del pascolo naturale. In Sardegna sono infatti disponibili per il pascolo circa 1 900 000 ha, considerandoipascoli veriepropri, gli incoltiproduttivi, le superficiboschive non sottoposte a vincolo forestale e i seminativi meno fertili non piu` coltivati. Nel corso dell’anno il ciclo produttivodella pecora e` collegato al ciclo produttivo dei pascoli, il quale a sua volta e` condizionato dall’andamento climatico, tipicamente mediterraneo.
Ogni pecora, di regola, partorisce un solo agnello, ma non sono infrequenti le nascite gemellari. La mungitura comincia subito dopo la separazione dall’agnello, tra dicembre e gennaio, e dura fino a tutto luglio. Normalmente sipraticanoduemungituregiornaliere fino al mese di giugno; successivamente se ne effettua una sola. Lamungitura viene eseguita generalmente a mano, a un ritmo di 80/90 pecore l’ora
per ogni operatore, con differenti tecniche.
IMPRESA PASTORALE
In Sardegna, con riferimento al rapporto fra impresa e manodopera, si possono distinguere sostanzialmente tre categorie di imprese: 1. impresa pastorale con salariati, in cui l’imprenditorenonesercita alcuna attivita` manuale; 2. impresapastorale capitalistico-lavoratrice, in cui l’imprenditore svolge anche un lavoro manuale, valendosi pero` della collaborazione di salariati; 3. impresa lavoratrice, in cui il lavoro e` totalmente svolto dall’imprenditore e dalla sua famiglia.
La grande maggioranza delle imprese pastorali rientra nelle ultime due categorie.
I rapporti tra proprieta` e impresa sono in genere caratterizzati dall’affittanza, che interessa non meno del 50% della totale superficie a pascolo della Sardegna. Essendo i contratti di affitto normalmente di breve durata, annuali o addirittura stagionali, mancano i presupposti per la creazione di aziende stabili, dotate di strutture piu` efficienti. Questa situazione si riflette inoltre negativamente sul piano sociale, con continue tensioni e conflitti tra le categoriedei proprietari terrieri e degli affittuari imprenditori.
Il rapporto tra numero di capi allevati e unita` lavorative impiegate nell’allevamento varia da 1 a 80, 1 a 120: come si e` gia` detto, nel settore trovano impiego circa 27 000 addetti.
Essendo il valore del prodotto lordo dell’allevamento ovino sardo di circa 23 milioni di euro annui, ne consegue che il prodotto lordo per addetto e`, allo stato attuale, poco superiore a mille euro annui.
INDUSTRIA CASEARIA
Oltre l’85% del latte prodotto viene destinato alla trasformazione in formaggio. I tipi prodotti sono diversi: pecorino romano, fiore sardo, toscanello e simili, formaggidolci (caciottaesimili), formaggi di tipo greco (feta e simili), canestrato, pepato e altri vari. La maggior parte di questa produzione viene esportata verso mercati del continente ed esteri.
Di particolare rilievo e` la tendenza manifestata in questi ultimi anni a ridurre la produzione di pecorino di tipo romano, a vantaggio dei tipi a pasta molle o sem dura. In Sardegna la trasformazione del latte ovino in formaggio viene effettuata da tre gruppi di imprese: imprese familiari, imprese associative e imprese industriali. I primi due gruppi trasformano circa il 50%del latte,mentre il rimanente viene trasformato dalle imprese industriali. Mentre le imprese familiari producono prevalentemente formaggio di tipo fiore sardo e meno frequentemente di tipo romano, le cooperative, almeno per ora, producono in prevalenza formaggio di tipo romano. Queste ultime hanno in genere dimensioni ridotte, con base territoriale limitata per lo piu` a uno o raramente piu` comuni. La loro attivita` e` pressoche´ esclusivamente rivolta alla trasformazione del prodotto, in quanto le loro dimensioni e le carenze che manifestano sul piano commerciale non consentono un loro proficuo inserimento sul mercato, che rimane percio` in mano ai commercianti e agli industriali. Gli industriali, nel passato, effettuavano la trasformazione del latte in piccoli caseifici, ubicati nelle zone di maggior produzione; attualmente invece essi tendono ad accentrare la lavorazione in centri piu` ampi, capaci di accogliere 40-50 000 l di latte al giorno. Tuttavia anche le dimensioni delle imprese industriali variano notevolmente: accanto a piccole ditte che producono ogni anno 600-700 q di formaggio, ve ne sono altre che arrivano a produrne 10 000 q e oltre. Da diversianni e` inattonel settoreunprocesso di concentrazione tecnica ed economica delle imprese.
Latte
In Sardegna c'è un'elevata produzione di latte dovuta all'abbondanza di pecore da pascolo, che ammonta a più di un milione. In tutte le aree della Sardegna i pastori mungono le pecore quotidianamente e consumano personalmente il latte munto o lo vendono a delle grosse cooperative che poi lo lavorerano a livello industriale per la sua commercializzazione.
In alcune zone dell'Isola è ancora viva la tradizione di andare ogni giorno dal pastore a comprare il latte di giornata ma si assiste anche ad un sistema ben organizzato di aziende e cooperative che provvedono alla lavorazione per la commercializzazione al dettagli del latte venduto dai pastori.
Il latte sardo, sia esso bevuto appena munto sia esso consumato attraverso una confezione commercializzata, possiede delle indiscusse qualità organolettiche che lo rendono unico e particolarmente apprezzato. Le qualità del latte di Sardegna sono indubbiamente collegate al tipo di pascolo, sano e naturale in cui vivono le numerose pecore della Sardegna. Nel territorio storico dell'Ogliastra è ancora viva la produzione del latte da capra. Questo latte, molto delicato e genuino, è consigliato nell'alimentazione dei bambini appena nati erappresenta oggi un prodotto di nicchia per la sua notevole qualità e prelibatezza.
Caprini
Il formaggio caprino è un prodotto caseario a base di latte di capra e per le sue caratteristiche organolettiche può essere considerato un formaggio magro. Il latte di capra non si presta molto bene alla produzione di formaggi a pasta semidura o dura, di media o lunga stagionatura, ma risulta particolarmente adatto alla produzione di formaggi freschi o a breve stagionatura. Il formaggio caprino prodotto in Sardegna, di una qualità molto elevata, è il frutto di una rivisitazione delle tecniche utilizzate nel mondo pastorale, arricchite da nuove esperienze e tecniche di produzione. Il formaggio caprino è prodotto facendo coagulare proteine e grassi del latte attraverso un processo che trasforma il latte dallo stato liquido ad uno stato semisolido detto "cagliata". Questa trasformazione avviene grazie ad un particolare enzima denominato caglio. L'intero processo prende il nome di coagulazione presaminica. Grazie a questa si ottiene una cagliata tenace e particolarmente elastica che è poi facilmente spurgabile dal siero. I formaggi, stagionati anche per un lungo periodo, garantiranno un gusto e un sapore di indiscutibile bontà. Il caprino sardo possiede una pasta compatta, soffice, untuosa che preserva un sapore ed aroma pieno e fragrante. E' un formaggio ideale per aprire o chiudere un pasto. La tradizione sarda non prevede l'aggiunta di conservanti nel processo di produzione del formaggio.
Vaccini
In Sardegna sono particolarmente diffusi i formaggi derivanti dal latte vaccino. Uno tra i più conosciuti e tra i più importanti è sicuramente la "peretta" che prende il nome dalla particolare forma di questo formaggio che somoglia al frutto della pera. Questo formaggio è prodotto nelle zone di Perfugas (SS), Bortigali (NU)Berchidda (SS) e Nuoro. Il latte utilizzato per questo formaggio è un latte vaccino intero di razza bruna per il 75% ed altro latte solo per il 25%. La preparazione dei formaggi vaccini avviene seguendo una procedura ben precisa che si tramanda da decenni. Si fa scaldare il latte vaccino facendolo arrivare ad una temperatura di 37 gradi. Quando il latte ha raggiunto tale temperatura si aggiunge del siero-innesto e si fa coagulare il preparato con del caglio di vitello per circa mezz'ora. Effettuata tale procedura si rompe il coagulo sino a ridurlo in grumi di dimensioni molto piccoli. Terminata la rottura dei grumi si fa cuocere la cagliata ad una temperatura di circa 43 gradi facendo in questo modo depositare la parte semisolida sul fondo della caldaia. In questo modo si forma la pasta che darà poi vita al formaggio. Questa, estratta dalla caldaia, viene lasciata maturare sotto siero caldo per alcune ore sino a quando non presenta un'acidità tale da filare. Da questo composto molto grande, si staccheranno poi dei piccoli pezzetti che verranno manualmente lavorati dal produttore per creare la famosa "peretta". Le forme, dopo essere state passate in acqua fredda, vengono successivamente immerse in salamoia per 4 ore. Il prodotto viene tradizionalmente stagionato per massimo 4 giorni e poi consumato come formaggio dolce. Il suo gusto dolce e aromatizzato permette un suo facile consumo come dolce da dessert.
Pecorini
Il pecorino sardo può essere definito il re dei formaggi sardi e simbolo della Sardegna nel mondo. Sono numerosi i riconoscimenti che sono stati attribuiti a tale prodotto, tra cui: nel 1991, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è stato inserito nella rosa dei formaggi a Denominazione di Origine e nel 1996 ha ottenuto il marchio D.O.P.
Tale formaggio viene solitamente confezionato in forme che raggiungono un peso massimo di 3 kg. Le notevoli qualità organolettiche di tale prodotto sono una garanzia di prelibatezza per i consumatori. Il pecorino sardo si divide in due tipologie fondamentali: il dolce e il maturo, che si differenziano per la durata della stagionatura. Il pecorino dolce viene stagionato per un periodo inferiore rispetto al pecorino maturo che ha una stagionatura minima di sei mesi.
Il pecorino sardo, che si presenta con una pasta compatta e un colore bianco deciso, subisce una stagionatura di circa tre mesi. Grazie a questa, il prodotto finale risulta un formaggio versatile che può essere gustato a tavola in tutte le portate. La tradizione gastronomica sarda vuole che tale formaggio venga arrostito e consumato nella sua croccantezza.
Trascorsi i sei mesi dalla sua produzione, il pecorino sardo può essere utilizzato come formaggio da grattugia per il condimento dei primi piatti. Un ottimo connubio lo si ha quando si associa il pecorino sardo ai ravioli di ricotta e spinaci o lo si utilizza nel condimento di sughi di carne.
Formaggi
I GIOIELLI DELLA PASTORIZIA SARDA
Pecorino, fiore sardo, casizolu e i cento formaggi tipici
che portano in tavola sapori, profumi e aromi della Sardegna
Mettendo in tavola i propri prodotti ogni popolazione spiega la cultura dalla quale proviene. In Sardegna è così forse ancor più che in altri angoli di mondo. Dai tempi arcaici dei nuraghi e delle domus de janas, la pastorizia ha costituito la sola forma di sopravvivenza di una popolazione forte e schietta, per la quale le greggi rappresentavano la ricchezza di generazioni, furono fonte di benessere ma anche di secolari dispute a base di abigeato e di diritti di pascoli. Ma comunque andassero le cose il prodotto finale di tanto latte munto negli ovili sardi diventava puntualmente sapido formaggio, dalle tipologie appena diverse ma indicato con quasi un nome solo: pecorino. Tagliato a fette con il coltellaccio a serramanico di ogni pastore e sbocconcellato insieme a quel disco volante dalla leggerezza insuperata che è il pane carasau. Pecorinu e casu: il pasto perenne degli uomini vestiti in velluto a coste che trascorrevano più della metà della loro vita insieme a pecore, capre e agnelli nelle solitudini dei monti e delle pianure sarde. Pecorino a parte, la produzione casearia sarda presenta ovviamente altri prodotti più comuni, oppure formaggi di nicchia, specialità rare quasi “fatte in casa” come il casizolu di Oristano, saporito e a forma di pera che non entra però nella grande distribuzione e non esce dai confini dell’isola. Il presente dell’allevamento ovino sardo, e dell’industria casearia che le è collegata, sta compiendo passi da gigante e il pecorino ha assunto una valenza nevralgica nella mappa dei formaggi italiani. Nelle sue due versioni, fresco e stagionato, il pecorino vive differenziazioni che saltano al palato, dovute al fatto che oggi non è più esclusivamente fatto con solo latte di pecora come un tempo, bensì miscelato con latte di mucca per renderlo meno sapido e aggressivo. Il censimento dei capi ovini presenti in Sardegna ne conta tre milioni, tutti allevati in un territorio dove l’inquinamento atmosferico e del suolo registra tassi assolutamente nulli. I sardi sono maestri nel produrre formaggi: è così sin dai tempi dei cartaginesi, dei fenici e dei romani. La loro sapienza casearia s’incontra con quella che si può definire una paleobiologia ambientale. Infatti agricoltura e pastorizia sarde sono attualissime da millenni perché i principi delle metodologie biologiche, oggi giustamente molto seguite, sono gli stessi che hanno da sempre determinato i canoni di coltivazione dei campi e di produzione di alimenti base in tutta la Sardegna. I formaggi isolani, cioè i pecorini sardi e qualche tipo di ricotta freschissima, si sono fatti largo sul mercato italiano e estero, giungendo addirittura a farsi apprezzare negli Stati Uniti e, inaudito, in Francia, cioè nel sancta sanctorum caseario per eccellenza.
Dal 1996, quando il pecorino di Sardegna ha ottenuto la denominazione d’eccellenza Dop, la produzione dei caseifici riunitisi nel Consorzio di tutela non ha fatto che crescere. L’anno scorso - il dato è importante - ne sono stati marchiati come Dop ben 12.000 quintali. Dop sta a significare Denominazione di origine protetta, il riconoscimento della qualità massima ottenibile in una ben definita area geografica. Per fregiarsi di questo blasone il pecorino sardo deve essere prodotto esclusivamente con latte di pecora intero. Le due tipologie del formaggio, il sardo dolce e il maturo, presentano differenze organolettiche, di tecniche di lavorazione e di forma. Il dolce si matura in 20-60 giorni, è bianco e morbido. Il maturo necessita di una stagionatura di almeno 120 giorni. La sua pasta si presenta quasi paglierinaed è decisamente compatta, se non dura. È questo il pecorino che si grattugia su culingiones e lt malloreddus, i tradizionali primi di pasta sardi.
Nel sapore del pecorino c’è tutta l’isola e la sua storia: la terra aspra e dolcissima, il profumo delle erbe di monte accarezzate dalle brezze marine, l’aria pura, l’acqua di fonte, il fluire del tempo identico a se stesso. Con pane e vini forma un’inseparabile triade di cibi primordiali e proprio per questo attualissimi.
DI AURETTA MONESI - FOTOGRAFIE DI NEVIO DOZ
(tratto da Bell'Italia Sardegna nr. 32/2003)